Se parliamo di violenza non possiamo dimenticare anche la violenza delle donne verso altre donne.
Il bullismo al femminile è un fenomeno rimasto a lungo nell’ombra.
Il bullismo è una manifestazione di natura violenta che colpisce non solo i più giovani, come si è facilmente portati a credere, ma anche gli adulti.
Le sopraffazioni delle bulle rimangono nascoste soprattutto perché lo stereotipo culturale vuole che le femmine siano considerate dolci e delicate, meno aggressive e più osservanti dei maschi delle regole di condotta. È con l’emergere del cyberbullismo, ovvero il bullismo che avviene tramite la rete, sono potute affiorare le connotazioni specifiche di comportamenti provocatori e violenti che oggi definiamo come bullismo indiretto e relazionale, dove le femmine sembrano primeggiare.
Attorno a questo tema, per fortuna, si discute sempre più spesso, seppure non in maniera adeguata: dell’altra faccia della luna, infatti, è sempre difficile parlare.
Di solito non si concretizza in nulla di particolarmente plateale: no pugni e schiaffi, ma attacchi all’autostima, a volte così subdoli da sfuggire agli sguardi meno attenti.
Di fatto a differenza della violenza maschile, più connessa all’imput delle circostanze, il bullismo al femminile tende ad essere premeditato, e per questo ancora più serio ed inquietante: la figura che bullizza, insieme al gruppo che la sostiene, progetta dei veri e propri piani, di ciò, spesso, succede che i sostenitori non ne siano del tutto consapevoli.
La violenza, perché di questo si tratta, protratta nel tempo, viene rivolta ai sentimenti e alla morale e si nutre di parole cattive e insinuazioni.
Le femmine si distinguono per la capacità che presentano nel ferire con una violenza più psicologica che fisica. Sono capaci di distruggere la dignità della persona presa di mira. Usano il pettegolezzo e la diffusione di notizie false e calunniose. Così facendo tendono a ferire o distruggere l’autostima tentando di aumentare lo stato di passività della vittima prescelta che cercano di far sentire sbagliata, sempre più esclusa, emarginata e isolata.
Per fortuna non tutte le vittime scelgono il silenzio e il rifiuto a farsi aiutare da qualcuno. Per fortuna non tutte le vittime sono indifese difronte a queste aggressioni, esistono persone che si sono strutturate nel corso della loro vita, con queste la bulla non ha appeal, riesce solo a condizionare il pensiero di chi la circonda che si lascia sedurre dalle sue affabulazioni, sia perché debole sia perché malvagia a sua volta.
In entrambi i casi, degli irrisolti.
Che sia concreto o virtuale il bullismo femminile usa la stessa sceneggiatura del bullismo abituale: i dispotismi esercitati e i soprusi servono per diventare popolari e mostrare il potere alla vittima e al proprio gruppo. Effimerità!
Gli studi più recenti sul fenomeno indicano che oggi nella gran parte dei casi lo sviluppo di queste azioni devastanti passa per i dispositivi digitali attraverso la rete in quanto la diffusione è virale e più facile.
Determinate e spietate, le bulle sono generalmente corazzate e prive di empatia.
Le bulle così dirigono le loro azioni verso persone che possono essere ritenute più “belle” o quelle che riscuotono successo personale, ma veicolano le loro sgradevoli attenzioni anche verso chi presenta problemi fisici o psicologici.
Si può presumere che alla base di tutto questo ci siano spesso sentimenti di competizione e di gelosia, ma si pensa anche che possano esserci esperienze di soprusi vissute in famiglie ritenute del tutto «normali» dove magari hanno subito la prepotenza di un fratello o di una sorella a cui nessuno degli adulti ha saputo dare contenimento.
E ancora una volta allora è il terreno relazionale e i modelli che si rappresentano soprattutto all’interno della famiglia a produrre il fenomeno.
Non si tratta di colpevolizzare l’ambiente familiare ma è utile porsi in questo ambito delle serie riflessioni.
Un grazie speciale va a care amiche e cari amici ne cito alcuni per ricordarli tutti, Adriana Tisselli, Daniela Bandelli, Laura Pigozzi, Luca Steffenoni, Catia Pichierri, Silvia Conte, Daniela Greco, Paolo Cioni, Fulvia Siano ed Eretika, che negli ultimi venti anni hanno contribuito alla crescita della mia consapevolezza nei confronti della violenza di genere, di tutti i generi e ad impegnarmi sempre e in ogni dove per ostacolarne la diffusione.
Concludo questo lungo intervento con una citazione di Tahar Ben Jelloun
“È trattando gli altri con dignità che si guadagna il rispetto per se stessi”